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6 Settembre 2021

In comunicazione l’archetipo vince sullo stereotipo

I progetti comunicativi elaborati sulla base degli archetipi, semplificano la connessione con il pubblico e la condivisione dei valori.

Un’idea creativa o di tendenza da sola non basta. Per costruire un messaggio autentico, è necessario conoscere l’identità, la personalità, le paure e i sogni sia del comunicatore che dell’interlocutore, mediante lo studio approfondito degli archetipi.

Utilizzando la tecnica dello storytelling, i brand costruiscono e comunicano il lato simbolico, emotivo e valoriale della propria identità con la finalità di coinvolgere, creare connessioni empatiche con la propria audience e generare un forte senso di appartenenza a una comunità in cui potersi identificare.

Per far sì che questo intimo e delicato obiettivo venga raggiunto, è fondamentale adottare strategie archetipiche, mediante cui identificare il contesto in cui immergere un progetto narrativo che sia autentico e che abbia la forza di posizionare il brand in maniera riconoscibile.

 

Lo stereotipo danneggia la comunicazione

Nella società contemporanea l’archetipo è frequentemente oscurato dagli stereotipi, che nel tempo sono entrati così tanto nelle vite delle persone da affermarsi come immagini fisse basate su preconcetti e disinformazione.

Il termine stereotipo, dal greco stereòs (solido) e typos (tipo, impronta, immagine) ovvero “immagine rigida”, trae il suo significato dall’arte della stereotipia ed è stato coniato dallo stampatore Firmin Didot per indicare un metodo di duplicazione delle composizioni tipografiche e dei cliché. Da qui si sviluppa il riferimento a un’opinione precostituita su persone o gruppi di persone, frutto di rigide generalizzazioni e semplificazioni di caratteristiche e qualità proprie di un luogo, un oggetto o un avvenimento, alterandone la realtà.

Lo psicologo polacco, Henri Tajfel, definisce gli stereotipi come un processo di categorizzazione secondo cui gli individui sono portati a classificare gruppi sociali in base a informazioni limitate, costruendo così concetti astratti e schematici privi di logica e fondamento. Lo stereotipo non è altro che un’idea preconcetta, prevenuta e generalizzata basata su background culturali, etnicità, orientamento sessuale e religioso, di genere, età e nazionalità, che spinge a etichettare gruppi di persone in modo sia negativo che positivo.

Nel tempo purtroppo la comunicazione e la pubblicità si sono lasciate ammaliare dalla forza degli stereotipi, al punto da trasformarli in metafore quotidiane e quadri categoriali. Tra i più celebri come non citare la “Famiglia del Mulino Bianco”, specchio di famiglie serene, felici e spensierate. Ma la famiglia è davvero questa?

I profondi cambiamenti sociali legati all’alternanza generazionale e alla grande rivalutazione dell’etica, stanno mettendo in discussione le strategie di comunicazione di molti brand, i quali hanno esageratamente abusato di questi luoghi comuni, perché considerati facilitatori nella decodifica dei messaggi lanciati attraverso le campagne pubblicitarie. Lo stereotipo garantisce sicurezza tuttavia, il suo tratto superficiale, banale e ambiguo, conduce il consumatore ad associare il brand a schemi ovvi e quindi non desiderabili.

Il rischio di divulgare contenuti capaci di distorcere la percezione della realtà e comunicare informazioni che possano ledere la reputazione sia altrui che della marca stessa sta stimolando brand e aziende a cambiare completamente tono di voce, messaggi e metodi di comunicazione. Ѐ innegabile quanto il problema dello stereotipo arrechi danno all’immagine e al brand positioning.

 

L’ancora di salvezza è l’archetipo

Per restare a galla e non affondare nell’omologazione di massa, alle aziende è richiesto un meticoloso lavoro di voice of customer capace di individuare e comprendere le nuove esigenze e i nuovi desideri dei consumatori, sostituendo drasticamente le narrazioni stereotipate con le narrazioni archetipiche.

Elaborare piani di comunicazione e marketing che tengano conto degli archetipi consente di scavare nell’intimità umana per conoscerne ogni singolo dettaglio. In questo modo risulterà più semplice conquistare pubblici e creare una risonanza emotiva attraverso l’ascolto sensibile e l’immedesimazione.

La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτυπος, significa immagine ed è un composto di arché (originale) e típos (modello). Usato per la prima volta in filosofia da Filone di Alessandria, indica principalmente forme preesistenti e primitive di pensieri insite dentro ogni essere umano, nonché immagini innate e generate spontaneamente durante i primi mesi di vita di ogni individuo, dotate di flessibilità e spirito di adattamento. Alcune correnti di pensiero infatti collegano le radici del termine a άρχή, arché con significato di principio o inizio.

In psicologia il primo a scoprire l’importanza degli archetipi è stato lo psichiatra e psicoanalista Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia analitica, il quale partendo dall’analisi dei sogni dei suoi pazienti ha teorizzato come alcune immagini, astrazioni, concetti, idee e situazioni vissute durante i sogni e non riconducibili a esperienze realmente vissute, siano innate nella mente dell’uomo e derivino da un inconscio collettivo, condiviso ed ereditato con il patrimonio genetico.

 

Gli archetipi sono un’eredità psicologica inconscia.

Jung sostiene che l’inconscio personale contenga “forme a priori” derivanti dalle esperienze dell’umanità, ovvero l’inconscio collettivo, che permettono di trascendere il proprio “Io” e attuare il processo di individuazione e significazione della propria identità.

“Gli archetipi vengono rielaborati continuamente dalle società umane, si manifestano contemporaneamente anche in veste di fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini simboliche; si rafforzano, si consolidano oppure si indeboliscono e possono anche morire.
Carl Gustav Jung

Successivamente Erich Neumann ha approfondito il concetto junghiano, definendo gli archetipi come organi psichici connessi tra loro e dotati di determinate funzioni utili allo sviluppo e al funzionamento della personalità, della coscienza e indispensabili al nostro inconscio.

Anni dopo, con James Hillman, allievo di Jung, la teoria degli archetipi acquisisce valore e si evolve arrivando a delineare la psicologia archetipica collegata alle forme culturali dell’arte, della poesia, della mitologia e della narrativa, con lo scopo di curare le idee e il mondo attraverso il mito. Hillman ritiene che la mitologia sia una psicologia dell’antichità e la psicologia una mitologia dell’epoca moderna.

“I miti e gli archetipi sono delle chiavi di fondamentale importanza per comprendere la nostra vita, per penetrare il mistero di come siamo e di come è la vita” – James Hillman

 

Il marketing e l’universo del web hanno l’importante compito di mantenere vivi gli archetipi nella comunicazione e nella costruzione di brand identity valoriali, per combattere e scacciare una volta per tutte stereotipi, luoghi comuni e pregiudizi.

 

Nel prossimo articolo analizzeremo i 12 archetipi di Jung applicati al marketing e alla comunicazione.

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