

Da semplice contenitore a esperienza multisensoriale. L’evoluzione della concezione di packaging.
Il packaging design è l’arte di ideare e creare imballaggi destinati alla protezione e identificazione di prodotti offerti sul mercato.
packaging ‹pä′kiǧiṅ› s. ingl. [der. di (to) package «impacchettare, imballare»], usato in ital. al masch.
– Nel linguaggio commerciale, il complesso delle modalità di imballaggio, confezione e presentazione dei prodotti da offrire al pubblico, dal punto di vista degli effetti che tali operazioni e procedure possono avere sul successo della vendita del prodotto. – definizione di Treccani
L’idea di packaging nasce ai tempi della preistoria, quando l’uomo sentiva la necessità di conservare il cibo. I primi modelli e materiali usati per creare contenitori adeguati sono stati: zucche, conchiglie, tronchi e viscere animali.
Nel 2000 a.C. si diffonde l’abitudine di riempiere i pozzi di ghiaccio per favorire la conservazione della carne, conservare olio e vino in giare in terracotta, bisacce o anfore, custodire gli ungenti in urne o ampolle e tenere la frutta in ceste di paglia.
La vera rivoluzione inizia nel 1400 d.C., quando a metà del secolo l’invenzione della stampa a caratteri mobili consente la realizzazione di etichette in stampa su carta, quest’ultima inventata in Cina nel 100 a.C..
Da contenitore a packaging
Il 1800 segna il drastico cambio di rotta e l’evoluzione del concetto di packaging rivisitato in chiave moderna: non più un mero involucro necessario alla conservazione e protezione, bensì un manufatto distintivo in grado di differenziare il prodotto per concorrere in un mercato sempre più competitivo.
La prima rivoluzione industriale e l’invenzione della macchina a vapore favoriscono un periodo di benessere economico e prosperità per il commercio, che porta un notevole incremento della domanda di beni di consumo.
Tra il 1860 e il 1890, periodo della seconda rivoluzione industriale, con il potenziamento delle ferrovie e del trasporto merci aumenta l’interesse verso la ricerca di nuovi e meno costosi metodi di produzione di contenitori.
Sono questi gli anni della fabbricazione delle prime scatole in metallo stampato, del perfezionamento delle tecniche di chiusura, dell’invenzione del cartone da imballaggio e della produzione di cellulosa e alluminio. Nel 1889 Charles Stilwell perfeziona la macchina per produrre sacchetti di carta con fondo piatto e lati pieghettati, un modo per risparmiare tempo e spazio nelle fasi di stoccaggio, originariamente inventata da Margaret Knight.
Il costo di questi nuovi materiali per il confezionamento è ancora molto alto, infatti il packaging era destinato solo ed esclusivamente ai beni di lusso.
Nei primi anni del novecento, il progresso tecnologico contribuì all’innovazione e ai cambiamenti sia nelle forme che nei materiali destinati alla fabbricazione di pack, che da quel momento in poi divenne sempre più popolare, stimolando le aziende a creare una propria corporate identity.
Viene costruita la prima macchina per la produzione di bottiglie in vetro, progettato il primo sistema industriale di congelamento, prodotte le prime lattine in metallo, scatole di cartone e imballaggi in cellophane.
La rapida diffusione della supermarket culture, negli anni ’30, rivoluziona i primordiali metodi di distribuzione e consumo in tutto il mondo occidentale.
Il secondo dopoguerra, l’alba dell’era consumistica
Nella seconda metà del XX secolo, il packaging si trasforma in potente strumento di marketing e comunicazione.
La tradizione ha per un lungo periodo considerato e studiato il packaging solo dal punto di vista fisico e materiale dell’imballaggio, riconoscendone solo valori funzionali e tecnici rintracciabili nelle tre differenti tipologie di confezione:
- Packaging Primario, involucro direttamente a contatto con il contenuto o in altri casi contenente l’”imballaggio immediato” utile ad assicurare il livello di igiene e di salvaguardia dai microbi. Qualche esempio: medicinali, lattine, bottiglie, contenitori in genere, carte delle caramelle.
Talvolta i pack sono anche i responsabili della crescita e maturazione del prodotto, motivo per cui devono favorire il passaggio di specifici agenti esterni e l’espulsione di sostanze inutili e dannose. - Packaging Secondario, detto anche multiplo, avvolge la confezione primaria garantendo maggiore protezione. La sua rimozione non altera le caratteristiche del prodotto.
- Packaging Terziario, imballaggio utilizzato per il trasporto dei prodotti, pensato per agevolare la manipolazione ed evitare danni. È fondamentale che sia resistente e comodo.
Superate le convenzioni prettamente materialistiche, si è diffusa una visione più amplia e completa che pone maggiore attenzione sulla natura comunicativa del packaging affiancandolo a quella oggettuale.
L’involucro, dunque, è il risultato della perfetta complementarità tra caratteristiche immateriali e materiali, dipendenti l’una dall’altra. Infatti, sono proprio le scelte estetiche legate a forma, colore e materia prima a rendere il pack oggetto semiotico con funzioni comunicative, bidirezionali e multisensoriali rivolte all’utilizzatore.
La lingua del pack
Il linguista Ferdinand de Saussure ha definito il packaging dei prodotti come una “massa eteroclita”, cioè un oggetto composto da più elementi eterogenei da analizzare e studiare sotto diversi punti di vista.
Questa massa ha il prezioso compito di creare conversazioni emotive e informative tra la marca del prodotto e l’acquirente-consumatore, oltre che proteggere, conservare, trasportare e favorire la fruizione del contenuto.
Nelle strategie di branding, il pack viene identificato come canale comunicativo, attraverso cui veicolare messaggi sia sul piano bidimensionale che tridimensionale in distinti luoghi e tempi di marketing: campagne pubblicitarie online e offline, punto vendita, spazio di utilizzo.
Le esperienze sensoriali offerte dal packaging devono essere orientate al marketing, per risultare effettivamente concrete ed efficaci nella creazione di connessioni empatiche e interazioni tra soggetto e oggetto.
Le reazioni psicologiche e comportamentali del consumatore legate alle sensazioni provate osservando e toccando il pack di un prodotto, sono influenzate sicuramente da forma, colore, dimensioni, simmetrie, texture, lettering, simboli e metafore. Tuttavia conta molto anche il contesto culturale e sociale, il gusto personale, le preferenze estetiche, la personalità, l’attitudine e gli stimoli esterni della società e della pubblicità.
Ma come risponde la mente umana al packaging?
- Risposta estetica: deriva dalle proprietà sensoriali del pack. Si accende nel momento in cui l’intelletto vive esperienze piacevoli a contatto con la confezione.
- Risposta razionale: riguarda la soddisfazione nella ricezione di informazioni riguardanti il prodotto in uso, i materiali usati per l’involucro stesso, attributi, modalità d’uso e riciclo, classificazione e categorizzazione.
- Risposta emotiva: emerge quando l’esperienza vissuta con il pack suscita sensazioni, provoca emozioni ed evoca simbologie rilevanti e gradevoli per il consumatore.
Il packaging per saper convincere, dialogare, certificare e comunicare la brand identity deve saper parlare una lingua coesa e coerente, prestando attenzione a non lasciarsi trascinare dalla sottile sfumatura dell’ambiguità linguistica, che prestandosi a interpretazioni multiple può trarre in inganno e confondere il pubblico.
Per la realizzazione di un packaging design unico, originale, comprensibile e attraente è essenziale affidarsi ad agenzie di comunicazione e marketing in grado di ideare il concept idoneo all’implementazione delle vendite e all’accrescimento della reputazione e consapevolezza della marca.
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