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Il potere dei bias cognitivi nel marketing

Il neuromarketing analizza il modo in cui i bias cognitivi influenzano le decisioni d’acquisto al fine di ottimizzare il tasso di conversione, utilizzandoli strategicamente nelle campagne di marketing e comunicazione.

“Ultima stanza disponibile”; “3 posti rimasti a questo prezzo”; “ultimo giorno di sconti”; “l’offerta scade entro la mezzanotte di oggi”.

Le vetrine fisiche e virtuali di negozi e piattaforme e-commerce sono ricche di espressioni “magiche” con il preciso scopo di influenzare il comportamento d’acquisto del consumatore, generando il timore di perdere una grande occasione.

Nel marketing i bias cognitivi provocano una distorsione cognitiva della realtà che, anche se minima, è capace di imporsi nella mente dei pubblici e incidere sulle decisioni d’acquisto. Risultato dell’evoluzione umana, i bias entrano in funzione quando l’individuo, di fronte a determinati stimoli, problemi, situazioni o imprevisti, è costretto a fare una scelta.

Un aspetto rilevante dei bias cognitivi è il legame con il concetto di errore, ovvero la tendenza a creare la propria realtà soggettiva basata su valutazioni errate e giudizi non obiettivi.

Le origini del concetto di “Bias Cognitivi” sono riconducibili agli anni ’70 quando Kahneman & Tversky, teorizzando il concetto di euristica cognitiva, avviarono il programma di ricerca “Heuristics and Bias Program” per comprendere e analizzare le modalità con cui gli esseri umani maturano decisioni in contesti caratterizzati da ambiguità, incertezza e informazioni limitate, senza piena consapevolezza.

Le euristiche sono scorciatoie o strategie mentali intuitive e sbrigative che consentono di giungere a conclusioni rapide attraverso il minimo sforzo cognitivo. Dunque i bias vengono considerati delle euristiche particolari, dette “inefficaci”, poiché non generati sulla base di dati reali ma su giudizi astratti e privi di fondamenta critiche che nel tempo si traducono in pregiudizi.

Con un ulteriore approfondimento di questi studi, Kahneman teorizza due sistemi decisionali che denomina Sistema 1 e Sistema 2, designati per la gestione del pensiero razionale e del pensiero intuitivo. Nonostante in alcune circostanze il pensiero intuitivo offra numerosi vantaggi (velocità, parallelismo, efficacia, risparmio di impegno e di energie ecc..), in molti casi le scorciatoie mentali portano a compiere decisioni errate.

 

Tipologie di bias cognitivi

La lista dei bias cognitivi è in costante aggiornamento e gli studi effettuati stimano che la mente umana può essere soggetta fino a oltre 100 distorsioni cognitive.

Quelli più comunemente utilizzati nel marketing e analizzati dal neuromarketing sono:

  • Bias di supporto alla scelta.

I consumatori considerano migliori le scelte effettuate rispetto a quelle scartate pur non avendo i mezzi per confermarle con certezza. Ad esempio, il fatto che nell’alimento acquistato sia presente un ingrediente salutare ne aumenta la soddisfazione.

  • Bias di conferma.

Processo mentale che consiste nel selezionare solo le informazioni che confermano e avvalorano le proprie convinzioni o, al contrario, sminuire quelle che le contraddicono. Per questo motivo le strategie di marketing tentano di consegnare nozioni e dati reali che il pubblico di riferimento si aspetta di ricevere senza, naturalmente, dare informazioni false e manipolate.

  • Effetto framing o bias della cornice.

In questo caso le preferenze dei consumatori sono condizionate dalla cornice in cui viene presentato un prodotto, un servizio o un brand.

Attraverso queste cornici è possibile influenzare percezioni e interpretazioni dei consumer, mettendo sotto una luce positiva aspetti che potrebbero essere negativi e viceversa.

Effettivamente, i consumatori saranno più propensi ad acquistare prodotti con su scritto “80% di grassi in meno” piuttosto che prodotti con la dicitura “contiene il 20% di grassi” poiché, nonostante entrambe le frasi comunichino il medesimo messaggio, “contiene grassi” è percepito come frame negativo, mentre “grassi in meno” come frame positivo.
I framing più utilizzati nelle strategie di marketing e pubblicità sono quelli della perdita e del guadagno, poiché capaci di incoraggiare l’utente a compiere azioni che garantiscono di ricevere benefici ed evitare problemi.

  • Effetto carrozzone o bandwagon.

Meccanismo che spinge le persone a compiere una determinata azione o effettuare un acquisto per emulazione in risposta alla necessità di sentirsi rassicurati e parte integrante di un gruppo. È statisticamente provato che le prenotazioni di una stanza di albergo o l’acquisto di un prodotto su una piattaforma e-commerce sono condizionate dal numero delle recensioni positive lasciate da individui che hanno vissuto quella stessa esperienza, perché simbolo di elevata qualità.

  • Decoy effect o effetto esca.

Fenomeno che induce una preferenza di scelta inserendo tra due opzioni una terza che è dominata in modo asimmetrico. L’opzione dominata in modo asimmetrico risulta inferiore a tutti gli effetti a una specifica opzione, mentre in confronto all’altra è inferiore per alcuni aspetti e superiore per altri. Quindi, quando questa opzione aggiuntiva è presente, solitamente il consumatore predilige quella che domina su tutte.

Esempio

una coppia di turisti si affida a un’agenzia viaggi per pianificare un fine settimana a Firenze. L’agente, sapendo che non ci sono limiti di budget, propone due tipologie di alberghi:

      • Hotel Michelangelo: 5 stelle, situato nella periferia a 20 minuti di taxi dal centro
      • Viola Hotel: 3 stelle, situato a 7 minuti a piedi dal centro.

La coppia è indecisa: non sa se prediligere la qualità della struttura ricettiva o la posizione centrale nella città; così l’agenzia decide di utilizzare l’effetto esca, aggiungendo una terza opzione:

      • Hotel Ponte Vecchio: 4 stelle, situato a 25 minuti di taxi dal centro.

A questo punto i turisti saranno portati a paragonare l’Hotel Michelangelo con l’Hotel Ponte Vecchio in termini di qualità percepita e a optare per l’Hotel Michelangelo che risulterà il più conveniente.

  • Effetto dotazione o endowment effect.

Fenomeno descritto per la prima volta da Richard Thaler in un articolo “Toward a Positive Theory of Consumer Choice”, è una distorsione cognitiva che definisce il modo in cui le persone sono portate a conferire maggiore valore ai beni in proprio possesso rispetto al valore reale di mercato.

Esempi classici di effetto dotazione sono: il primo mese gratis di un abbonamento, la prova su strada, i campioncini prova ecc. Questo perché l’effetto agisce su prodotti da cui i consumatori, anche solo provvisoriamente, hanno tratto benefici e con cui hanno condiviso esperienze e interagito, generando così un valore sentimentale.

  • Effetto alone.

Chiamato anche effetto aureola è stato scoperto nel 1907 da Frederic L.Wells. Si tratta di una distorsione cognitiva secondo cui le persone si lasciano influenzare troppo dalla prima impressione di un individuo, un prodotto, un ambiente, una marca, ecc.

 

L’uso di questi bias cognitivi deve sempre rispettare una certa etica senza convertire le campagne di marketing in mosse strategiche con cui prendersi gioco delle fragilità, dell’insicurezza, delle paure e dei desideri dei consumatori sfruttando informazioni manipolate o notizie false.

 

Se questi elementi del neuromarketing ti incuriosiscono e vorresti iniziare ad usarli nel modo corretto ed efficace, Contattaci

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