

La professione dell’influencer, ormai affermatasi nel settore del marketing e dell’advertising, da qualche tempo è disciplinata da un codice etico e deontologico. Di cosa si tratta?
Nell’epoca in cui il processo di digital transformation sta accelerando i cambiamenti in ambito tecnologico, sociale, culturale ed economico; è forte la necessità di nuove figure professionali e skills che sappiano cavalcare l’onda della digitalizzazione e accettare la sfida di stravolgere gli obsoleti piani di marketing e comunicazione di brand, per ridisegnarli secondo un modello dinamico, creativo ed etico.
In questo, il fenomeno dell’influencer marketing sta giocando un ruolo straordinario, orientando la mera pubblicità commerciale verso un approccio comunicativo one-to-one, in cui l’empatia e il dialogo rappresentano i fattori indispensabili. Da un’indagine Ipsos, realizzata recentemente, è emerso che il 68% degli italiani presenti sui social network segue svariati profili di influencer e celebrity. Tra le nuove generazioni, in particolare nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 24 anni, la percentuale sale addirittura all’82%.
Nonostante il ruolo dell’influencer sia diventato a tutti gli effetti una vera e propria professione nel settore del marketing, purtroppo è tuttora incompreso e talvolta disprezzato. Un pianeta avvolto da un alone di mistero, in cui blogger, youtuber, vlogger, Tiktoker e influencer in genere cercano di affermare a gran voce i propri diritti di digital content creator e dare valore al proprio mestiere.
Qualche mese fa, ad esempio, Mafalda De Simone, giovane influencer di Instagram con un milione e 700.000 follower, ha lanciato la proposta di creare anche in Italia un sindacato per la categoria degli influencer.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito esiste già un’associazione di categoria che tutela le star del web, infatti dal 2020 sono state coniate le sigle AIC (American Influencer Council) e TCU (The Creator Union) che regolano gli aspetti burocratici ed economici del mestiere e supervisionano i contratti, garantendo un trattamento paritario agli imprenditori social.
Normative e regolamenti per gli influencer
A livello giuridico non esiste ancora una definizione ufficiale di influencer, così come non esiste una legge unica che disciplini il fenomeno in forte crescita dell’influencer marketing e del web marketing. Per questo motivo l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria italiano ha identificato l’influencer come:
“soggetti che hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. Si tratta di soggetti che hanno acquisito particolare prestigio e autorevolezza per l’esperienza e la conoscenza maturata in un certo ambito o settore, come ad esempio noti blogger che hanno online un largo seguito di pubblico”.
L’assenza di una guida normativa che chiarisca e sintetizzi le regole da rispettare, mette in difficoltà da un lato aziende e influencer, in quanto esposti a rischi sanzionatori e risarcitori per le loro attività sul web e social; dall’altro di compromettere il diritto dei consumatori alla chiarezza e alla trasparenza nelle comunicazioni promozionali.
Attualmente si è soliti fare riferimento alla regola generale di trasparenza e alle disposizioni contenute nel Codice del Consumo a tutela dei consumatori secondo cui, quando il testimonial o l’influencer insabbia la natura promozionale di un contenuto rendendo il messaggio una semplice opinione personale, viene considerata una pubblicità fuorviante e ambigua, che intacca il diritto alla chiarezza e alla trasparenza.
In soccorso a questo caso di violazione degli artt. 22 e 23 del D.Lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo”), è intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che ha precisato l’obbligo di rendere riconoscibile la pratica commerciale in relazione ai contenuti divulgati sui social media, con l’introduzione di hashtag esemplificativi, del tipo: #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, #adv, o, in caso di fornitura del bene a titolo gratuito dal brand all’influencer, la dicitura #prodottofornitoda seguito dal nome del marchio. A tal proposito, leggi il nostro articolo riguardante il native advertising, per scoprire quali sono gli hashtag approvati e non dalla FTC – Federal Trade Commission.
La forte ascesa dell’influencer marketing come strategia prediletta da molti brand e imprese ha sviluppato l’esigenza di redigere un Codice Etico e Deontologico, pubblicato non molto tempo fa da Igersitalia, ossia l’associazione nazionale che rappresenta i professionisti che si occupano della creazione di contenuti multimediali e regola i princìpi per il corretto svolgimento delle attività dei digital content creator, categoria di cui fanno parte anche gli Influencer.
Il Codice Etico dell’influencer marketing
Il Codice Etico e Deontologico include: le regole di condotta da seguire durante l’espletamento dell’attività, gli elementi da inserire nella stipulazione di contratti professionali e alcuni criteri generali a cui far riferimento per l’accordo sul compenso.
È rivolto a tutti coloro che esercitano questo incarico a livello professionale, ovvero solo quando l’accordo è sottoscritto da un apposito contratto avente forza di legge tra le parti, al cui interno devono necessariamente essere previste anche il compenso, i tempi e le modalità di pagamento, un eventuale patto di non concorrenza con il committente, le esigenze e gli obiettivi da raggiungere. Lo scopo del contratto è proprio quello di stabilire le modalità di esecuzione dell’impegno che l’influencer dovrà obbligatoriamente rispettare, a pena di responsabilità per inadempimento, ai sensi dell’art. 1218 del Codice Civile.
Nel codice sono anche elencate delle regole di comportamento da osservare durante lo svolgimento dell’attività sia nei confronti del datore di lavoro, per il quale è tenuto a garantire che:
- le proprie azioni non ledano l’immagine e la reputazione del brand, anche al termine della collaborazione e svolgere il proprio ruolo con la massima riservatezza, a tutela del know-how, sempre nel rispetto della normativa sulla Privacy (nel caso in cui dovesse entrare in contatto con dati sensibili).
Altro punto fondamentale riguarda l’importanza di favorire in ogni occasione lo spirito associativo e il rispetto nei confronti dei propri colleghi, sia come persone che come figure professionali, evitando in ogni modo di generare dinamiche concorrenziali che arrechino danno alle loro prestazioni.
Ad integrazione del codice etico ci sono delle puntuali guideline operative, tra cui il divieto assoluto di utilizzare software a pagamento per aumentare il numero di like o di follower, il rispetto delle tempistiche concordate, l’obbligo di non rimuovere dai propri profili social, blog o sito web i contenuti realizzati e pubblicati secondo gli impegni contrattuali, la disposizione di dotarsi di un’idonea copertura assicurativa di responsabilità civile per eventuali danni causati durante il periodo di collaborazione e l’obbligo di rispettare il principio di trasparenza nei confronti dei consumatori.
La violazione di tali norme comporterebbe anche gravi conseguenze per gli influencer, causando l’insorgenza di profili di responsabilità civile o amministrativa.
Ad esempio, sul fronte civilistico, la violazione degli obblighi di non concorrenza nel mercato di riferimento in cui opera l’azienda committente, può essere contrastata con un’azione inibitoria, ai sensi dell’art. 2599 c.c., ossia dinnanzi all’autorità giudiziaria che emanerà i provvedimenti necessari tra cui anche la richiesta di risarcimento del danno. L’art. 2598 del Codice Civile, infatti, individua come atti lesivi della concorrenza:
l’uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione presso il pubblico legittimamente usati da altri, o il compimento di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività della concorrente.
Inoltre può sorgere la responsabilità da inadempimento, come da art. 1218 c.c., nel momento in cui l’influencer non porti a compimento le indicazioni formalizzate nel contratto, a cui potrebbe conseguire l’obbligo di risarcimento dei danni patrimoniali o non patrimoniali, come quello all’immagine.
L’influencer marketing, quindi, al contrario delle voci di corridoio che screditano la professione, è un mestiere e in quanto tale ha diritto ad essere tutelato e il dovere di rispettare regole ben precise.
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