

Conoscere i rischi reali che si insidiano nell’immensa rete dei social network è importante per navigare in sicurezza e garantire affidabilità.
15 minuti di celebrità possono causare conseguenze emotive, sociali, finanziarie, giudiziarie e di salute. Sono sempre più frequenti le notizie di profili social aziendali hackerati, ragazzi adescati da cyber-pedofili o attaccati dai cyber-bulli, truffe online, episodi di stalking e furti d’identità.
Nessun utente è immune ai rischi e pericoli reali che si insidiano nella rete virtuale del world wide web e in particolar modo nei social network, dai bambini agli adulti, dai grandi brand agli influencer, dalle società informatiche agli enti istituzionali.
Parliamo di:
- dipendenza da internet (IAD – Internet Addiction Disorder)
- uso illecito di dati personali, violazione privacy e limiti di età
- phishing
- sextortion, pedopornografia, sexting e grooming
- cyberbullismo
I social network sono ormai parte essenziale della vita personale e professionale di 3.8 miliardi di persone a livello mondiale. Fenomeno che continua a modificare le modalità tradizionali di comunicazione e costruzione di rapporti interpersonali. Secondo il rapporto Digital 2020 stilato da We Are Social in collaborazione con Hootsuite, questo dato cresce in parallelo all’aumento dei reati informatici, alcuni dei quali punibili dal codice penale o da normative create ad hoc.
Viviamo dunque in un’epoca digitale dalla doppia faccia:
- il lato luminoso, caratterizzato dai tratti positivi dell’evoluzione tecnologica, sinonimo di progresso, opportunità di sviluppo e apprendimento;
- il lato oscuro, nasconde un abisso incontrollato in cui si celano pericolose insidie.
Per navigare in sicurezza, occorre acquisire una conoscenza, anche basica, dei linguaggi e dei meccanismi digitali e informatici.
Conosciamo nel dettaglio i pericoli più diffusi sui social network
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Dipendenza da social reactions
I social network sono nati per essere uno strumento di condivisione, socializzazione, promozione, comunicazione e informazione.
Con il passare del tempo però, il loro uso improprio e sregolato ha causato effetti negativi e insani negli utenti. Questo perché aumenta il desiderio di spettacolarizzare la propria vita, mostrarsi, aggiornare continuamente le immagini del profilo, filtrare le fotografie personali per nascondere i difetti ed essere perfetti agli occhi di contatti e amici.
Azioni volte alla ricerca disperata di piacere al mondo e ricevere richieste d’amicizia, “like”, commenti, condivisioni, visualizzazioni e consensi. Meccanismi che pesano sulla personalità degli utenti, in particolar modo degli adolescenti.
Perché le vittime dello IAD controllano compulsivamente lo smartphone in attesa di notifiche dai profili social? La risposta è rintracciabile nella dopamina, l’ormone del piacere e della ricompensa, che attivandosi durante l’interazione con i social network, anche solo per un brevissimo istante, rilascia endorfina nel corpo, capaci di provocare una forte sensazione di euforia.
In caso contrario, quando i social sono silenziosi per troppo tempo, i ragazzi vivono momenti di panico e insicurezza che li porta ad annullarsi completamente arrivando a non dar più peso e valore alla vita reale.
Legato al problema dell’apparenza e del desiderio di diventare delle celebrità sui canali social, è la partecipazione alle cosiddette challenge o sfide social, sempre più diffuse sul web, suscitando l’interesse e il coinvolgimento di una larga fetta di pubblico, soprattutto tra i giovanissimi.
I partecipanti alla challenge sono tenuti a compiere azioni dettate dalla sfida, produrre un contenuto (generalmente video) e pubblicarlo sui profili social personali. La viralità del post consente di ottenere un elevato numero di reactions e incrementare la popolarità sul web.
Nei ragazzi scatta un meccanismo di emulazione che fa accrescere in loro un forte senso di appartenenza e integrazione alla community, incrementando l’affermazione della propria identità.
È giusto riconoscere e diversificare la tipologia di challenge: quelle a scopo benefico o creativo da quelle estreme che istigano alla violenza.
Le challenge estreme, come la Blue Whale, la Bird Box, la Skull Breaker, la Corona Virus Challenge e la Blackout Challenge, inducono i partecipanti a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose, fino ad arrivare al suicidio, con il solo fine di mostrare il coraggio di rischiare.
Sono davvero tanti i casi di decessi causati da questo fenomeno, esempio recente è la morte di una bambina di dieci anni soffocata da una cintura, mentre partecipava ad una sfida di resistenza diffusa attraverso i social media.
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Uso illecito di dati personali, privacy e limiti di età
Legata ai fatti di cronaca prima citati, gioca un ruolo fondamentale la protezione dei dati personali e il rispetto dei limiti d’età degli iscritti ai social network. La legge italiana infatti prevede che l’età minima per raccogliere il consenso al trattamento dei dati sensibili per finalità commerciali e di marketing, sia di quattordici anni.
I social network quindi devono monitorare costantemente le iscrizioni e verificare che gli utenti siano ultraquattordicenni. I mancati controlli sull’età affermano la violazione della disciplina europea in materia di privacy.
Le piattaforme social, emergenti e non, devono assolutamente rispettare la legge sul Gdpr che, secondo l’articolo 25, impone al titolare del trattamento di disegnare, progettare e gestire i propri processi in modo che il trattamento dei dati personali sia lecito.
Inoltre, per contrastare l’uso improprio dei dati, oltre alla drastica decisione di eliminare i profili dalle piattaforme, c’è una soluzione più morbida: utilizzare una VPN (Virtual Private Network) in grado di creare una rete privata virtuale che garantisca anonimato, privacy e sicurezza dei dati.
Fatto recente, è la denuncia contro Grindr, l’applicazione d’incontri utilizzata dalla community LGBTQ+, per aver condiviso illegalmente i dati personali degli utenti a inserzionisti e data broker.
Il social dovrà pagare una multa di 9,63 milioni di euro.
A privati e aziende, si raccomanda di leggere con attenzione le varie informative sulla privacy fornite dai social network e assicurarsi di comprendere effettivamente le condizioni accettate.
La poca attenzione nel rilasciare dati sensibili e un uso inconsapevole dei canali social potrebbe provocare furti di identità. Informazioni, dati anagrafici e foto condivise sui social media possono facilmente entrare in possesso dei criminali del web, i quali potranno creare profili falsi da utilizzare per mettere in atto truffe ai danni di persone o crimini più gravi, la cui colpa ricadrebbe sull’utente originale.
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Phishing
Il phishing è un tentativo di frode realizzato da criminali che, spacciandosi per pagine aziendali o profili social affidabili, riescono con abilità ad entrare in possesso dei dati sensibili delle vittime che seppur invisibili, in particolar modo sui social network, viaggiano a velocità elevata.
Il termine deriva dall’inglese to fish proprio perché indica l’azione di pescare in incognito password, username, numeri delle carte di credito, codici di accesso, ecc.
I social network rappresentano terreno fertile per gli hacker che, attraverso messaggi, sponsorizzate e richieste di contatto, monitorano le azioni abitudinarie degli utenti e attaccano in momenti del tutto inaspettati.
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Sextortion, pedopornografa, sexting e grooming
I social network sono molto gettonati per stringere nuove amicizie e ampliare la propria rete di contatti. Purtroppo però talvolta si inciampa in incontri spiacevoli e a dir poco squallidi.
Gli adescatori, presentandosi con un profilo falso, costruiscono con astuzia un rapporto di fiducia con la vittima, nella quale poi nascerà un grande sentimento di interesse.
Da queste situazioni scaturiscono casi di:
- sextortion, ovvero una vera sesso-estorsione, una truffa online che consiste nel minacciare la vittima di pubblicare e divulgare video o immagini compromettenti in cambio di prestazioni sessuali o risarcimenti economici.
- pedopornografia online, reato disciplinato dall’articolo 600-ter comma 3 del c.p., che consiste nel produrre, divulgare, diffondere e promuovere immagini o video di adolescenti e bambini ripresi in atti e comportamenti sessuali veri o simulati o, ancora rappresentazioni di organi sessuali.
- sexting, nasce come invio di messaggi di testo con contenuto sessualmente esplicito ed evolve con l’invio di foto e video a sfondo sessuale in chat sui social network e piattaforme di messaggistica. Nei casi in cui le vittime compiono azioni in cambio di denaro, regali o ricariche telefoniche, si sfocia nel fenomeno della micro-prostituzione.
- grooming, il termine deriva dall’inglese to groom e significa Da qui il child grooming, ossia l’insieme di comportamenti ben studiati dagli adulti con l’obiettivo di suscitare la simpatia, la fiducia e creare un legame emozionale con il minore. A quel punto, il criminale attacca con azioni di sfruttamento sessuale e di violenza. I canali più utilizzati sono i social network, le chat room, le piattaforme di messaggistica istantanea, i giochi online, i forum, SMS e MMS. Il reato di grooming è stato introdotto con la legge 172 del 2021 ed è disciplinato dall’articolo 609-undecies c.p., per adescamento del minore in rete.
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Cyberbullismo
Il cyberbullismo è l’evoluzione digitale del bullismo tradizionale, fenomeno che colpisce soprattutto bambini, preadolescenti e adolescenti. È una forma di violenza, prepotenza e prevaricazione nei confronti di una vittima da parte di un gruppo o di un individuo.
A differenza del bullismo, con le azioni intimidatorie dei cyberbulli il bersaglio identificato non è mai al sicuro neanche tra le mura di casa, poiché sui social media e in generale nella rete web è perennemente esposto ad attacchi aggressivi, commenti negativi, discriminazioni e insulti.
Oggi, la legge 29 maggio 2017, n.71, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, attribuisce alla scuola un ruolo fondamentale nella prevenzione in accordo con la famiglia della vittima.
Tutti siamo responsabili di ciò che accade nel mondo virtuale e ognuno di noi ricopre un ruolo fondamentale per combattere e vincere la dura sfida della sicurezza informatica. Se si parla di bambini e ragazzi, in primis i genitori, affiancati da insegnanti, educatori e psicologi, hanno l’importante compito di educare all’uso consapevole della tecnologia.
Nel momento in cui si parla di aziende, organizzazioni o enti, l’occhio allenato e attento degli esperti informatici è indispensabile nella messa in sicurezza di siti web, profili social,
e-commerce ecc.
Garantire la sicurezza informatica ai propri canali social è di vitale importanza.
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